Cantico di Frate Sole

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual’è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.

 

 

 

Pubblicità

Le voci di Nike

da Le voci di Nike – Primo Movimento, Allegro maestoso di Silvia M. Damiani

La vecchia camminava da tempo immemorabile.
“Un colpo secco, null’altro.”
I piedi nudi accarezzavano l’erba profumata, ma il suo corpo non pareva nemmeno accorgersene: con la schiena curva, i capelli spenti e la pelle avvizzita, la donna dava l’impressione di portare sulle spalle una stanchezza inumana; aveva gli arti intorpiditi dal freddo, eppure continuava a camminare, guidata solamente dall’inerzia dei propri passi.

[incipit]

«Perché voi, stregoni e demoni, vi divertite tanto a ingannare le brevi vite di noi uomini ignari? Siamo già così folli, travolti dall’inesorabile e illusorio gioco della lotta per il potere.»

Yant (Pagina 46)

Non è mai nato.
Con quanti nodi mi legheresti?
Dimmi ancora come mi troverai.
Se potessi rovescerei il tempo e lo spazio, per apparire dal nulla e guardarti pensare.
Tu mi hai chiesto di farlo. O forse speravi di morire?
Con quanti nodi mi legheresti?

Alcune strofe che ai personaggi sembra di sentire nel misterioso, dolce e terribile canto

Intanto il vento soffiava, e con esso la nenia, come un lamento di dolore in lontananza. Nike inclinò lo sguardo: «Io… io vi ho già visto.» La musica nell’aria era soave e la bocca impastata.
Al contrario la voce del giovane era asciutta e lievemente divertita: «Temo di no, mia signora, ma io ho visto voi.»
«Chi siete?»
Il giovane le sorrise.
Ancora la nenia, come un grido in lontananza.

[explicit, selezionare per leggere]

ORIGINALE, BELLISSIMA FIABA MALINCONICA
Sono rimasta irrimediabilmente affascinata dal mondo fantastico creato da questa giovane autrice!
Viene spontaneo ora chiedersi: se questo è il “primo movimento”, ne esiste dunque un secondo? A me farebbe davvero moltissimo piacere!!!!
http://www.naufragio.it/iltempodileggere/12035

Altre storie di cani

Altre storie di cani di Jack London

Fredda e grigia, spaventosamente fredda e grigia si preannunciava la giornata in cui l’uomo abbandonò la pista principale dello Yukon per arrampicarsi sull’alto argine di terra, dove una pista appena, segnata e poco battuta portava verso Est, attraverso la folta boscaglia di abeti.

[incipit di “Farsi un fuoco”]

Alle dodici il giorno ebbe il suo momento di massima luminosità. Eppure il sole era ancora troppo a Sud, nella sua traiettoria invernale, per illuminare l’orizzonte. La rotondità della terra gli impediva di illuminare lo Henderson Creek, dove l’uomo camminava a mezzogiorno sotto un cielo limpido senza proiettare ombra.

(“Farsi un fuoco” – Pagina 297)

Mentre il crepuscolo avanzava, il cane, vinto dal desiderio di fuoco, cominciò ad agitarsi e a gemere sommessamente, poi afflosciò le orecchie, aspettando il castigo. Ma l’uomo rimase muto. Dopo un po’ il cane si mise a guaire più forte. E dopo un altro po’ strisciò vicino all’uomo e annusò l’odore della morte. Arricciò il pelo e si ritrasse. Sostò ancora qualche minuto, ululando sotto le stelle che tremolavano e danzavano, e brillavano nitode nel cielo gelido. Poi si volse, e si diresse trotterellando verso l’accampamento che ben conosceva, dove c’erano altri procacciatori di cibo, e di fuoco.

[explicit di “Farsi un fuoco”, selezionare per leggere]

Era rimasta indietro, a causa dell’erba umida, per mettersi le soprascarpe, e quando uscì di casa trovò il marito che l’aspettava intento ad osservare la meraviglia di un fiore di mandorlo in procinto di sbocciare. Cercò con lo sguardo nell’erba alta e tra gli alberi del frutteto.
«Dov’è Wolf?», chiese.

[incipit di “Brown Wolf”]

Il trotto di Wolf si trasformò in corsa. I balzi erano sempre più lunghi. Non una volta girò la testa, la folta coda da lupo dritta dietro di lui. Tagliò velocemente la curva e scomparve.

[explicit di “Brown Wolf”, selezionare per leggere]

Non ho più grande stima di Stephen Mackaye, sebbene in passato ci giurassi. Vi posso dire che a quei tempi lo amavo come un fratello. Se mai lo rincontrassi, non sarò responsabile delle mie azioni. Non riesco a darmi pace che un uomo con cui ho diviso cibo e letto, e con cui ho attraversato in slitta il Chilcoot Trail, abbia potuto comportarsi con me come si è comportato lui.

[incipit di “Macchia”]

Quel particolare acquirente lo riportò di persona, rifiutò di essere risarcito e il modo in cui ci trattò fu atroce. Disse che era regalato, se poteva prendersi il gusto di dirci quello che pesava di noi; e dal canto nostro sentivamo che aveva talmente ragione che non osammo replicare. Ma ancora oggi, a distanza di tempo, non ho riconquistato la bella fiducia in me stesso che avevo prima che quell’uomo di parlasse.

(“Macchia” – Pagina 323)

La notte scorsa Macchia si è infilato nel pollaio di Mr Harvey (il mio vicino di casa) uccidendo diciannove polli di razza. Dovrò risarcirlo. I miei dirimpettai hanno litigato con mia moglie, e si sono trasferiti. Per colpa di Macchia. Ed è per questo che sono deluso di Stephen Mackaye. Non pensavo che fosse una persona così abietta.

[explicit di “Macchia”, selezionare per leggere]

Il collo, dalla testa alle spalle, una massa di pelo ispido; orecchie appuntite, muso allungato, labbra ringhiose, zanne gocciolanti; guaisce più che abbaiare; simile a un lupo all’aspetto e non bello a vedersi quando è arrabbiato: è questo lo husky, o cane lupo del Nord.

[incipit di “Husky, il cane lupo del Nord”]

Una peculiare caratteristica è il loro ululato. Non somiglia a nessun altro suono, di mare o di terra. Quando il gelo si fa mordente e l’aurora boreale solca il cielo coi suoi gelidi fuochi, danno voce nella notte alla loro sofferenza. Malinconico, singhiozzante, sale come un lamento di anime perse e torturate, e quando migliaia di husky ululano in coro, è come se il tetto fosse precipitato, e l’inferno si mostrasse nudo alle stelle.

(“Husky, il cane lupo del Nord” – Pagina 330)

E le mogli non acconsentirono a proseguire il viaggio finché il signore le cui poesie erano state lodate da Rossetti non si recò a piedi a investigare personalmente.

[explicit di “Husky, il cane lupo del Nord”, selezionare per leggere]

http://www.naufragio.it/iltempodileggere/11999

Il richiamo della foresta

da Il richiamo della foresta di Jack London

Buck non leggeva i giornali, altrimenti avrebbe saputo quali guai si stavano preparando, dallo stretto di Puget a San Diego, per lui e per ogni cane di grossa taglia, con muscoli forti e una pelliccia calda e spessa.

[incipit]

Ogni notte, puntualmente, alle nove, a mezzanotte e alle tre levavano un canto notturno, un canto misterioso e affascinante a cui Buck si univa con gioia. Quando l’aurora boreale divampava fredda nel cielo o le stelle palpitavano in una gelida danza, mentre la terra intorpidita e ghiacciata giaceva sotto il sudario di neve, quel canto dei cani eschimesi avrebbe potuto essere una sfida della vita; ma era modulato in chiave minore, con gemiti prolungati e singhiozzi interrotti ed era piuttosto una supplica della vita, esprimeva il travaglio dell’esistenza. Era un canto antico, antico come la razza stessa, uno dei primi canti del mondo giovane, quando i canti erano tristi.

(Pagina 55)

Lo dominava l’impeto della vita, la marea dell’essere, la gioia perfetta di ogni muscolo, di ogni giuntura, di ogni tendine, poiché questo era il contrario della morte, era ardore e violenza, si esprimeva nel movimento, nello sfrecciare esultante sotto le stelle e sopra le cose morte e immobili.

(Pagina 57)

Nel cuore della foresta risuonava un richiamo emozionante, misterioso e attraente e tutte le volte che lo udiva si sentiva costretto a voltare le spalle al fuoco e alla terra battuta che lo circondava, per addentrarsi nella foresta, sempre più avanti, senza sapere dove andava né perché; né si domandava dove o perché il richiamo risuonasse imperiosamente nel cuore della foresta.

(Pagina 83)

Gli piaceva correre nella luce crepuscolare della mezzanotte estiva, ascoltando i mormorii sommessi e sonnolenti della foresta, leggendo segni e suoni come un uomo può leggere un libro e cercando la fonte del richiamo misterioso, quella voce che lo chiamava nella veglia o nel sonno, in qualunque momento, perché la raggiungesse.

(Pagina 94)

Andò nel centro della radura e rimase in ascolto: era il richiamo, il richiamo dalle molte note, che risuonava più allettante e imperioso che mai.

(Pagina 102)

Ma non sempre è solo. Quando vengono le lunghe notti invernali e i lupi inseguono la loro preda nelle valli più basse, lo si può vedere correre alla testa del branco nella luce pallida della luna o nel fioco chiarore dell’aurora boreale, balzando gigantesco innanzi ai compagni, la grande gola tonante nel canto del mondo più giovane, il canto del branco.

[explicit]

Anche se l’ho trovato troppo simile a Zanna Bianca l’epopea di Buck mi ha coinvolto ed emozionato. Sono d’accordo con Mario Picchi che nell’introduzione dice che Il richiamo della foresta è la “rappresentazione della ricerca di amore e libertà”. Come può quindi non affascinare almeno un po’? In fin dei conti, non è un po’ quello che cerchiamo tutti?
http://www.naufragio.it/iltempodileggere/11999

Canti a sole e a cielo col tuo canto
la tua voce sgrana il cereale del giorno,
parlano i pini con la lor lingua verde:
gorgheggiano tutti gli uccelli dell’inverno.

Il mare empie le sue cantine di passi,
di campane, di catene e di gemiti,
tintinnano metalli e utensili,
suonano le ruote della carovana.

Ma solo la tua voce ascolto e sale
la tua voce con volo e precisione di freccia,
scende la tua voce con gravità di pioggia,

la tua voce sparge altissime spade,
torna la tua voce carica di viole
e quindi m’accompagna per il cielo.

Pablo Neruda