Persero la stella un giorno…

I due re bianchi tracciarono al suolo
due cerchi, col bastone.
Si misero a calcolare,
si grattarono il mento,
ma la stella era svanita…
e quegli uomini, la cui anima
aveva sete di essere guidata,
piansero nel silenzio della sera.

Ma il povero re nero,
lasciato in disparte, disse tra sé:
«Pensiamo anche alla sete
che non è la nostra. Bisogna
dar da bere, lo stesso, agli animali».

E mentre sosteneva il secchio
per l’ansa, nello specchio di cielo
in cui bevevano i cammelli
egli vide la stella d’oro
che danzava in silenzio.

Edmond Rostand

Pubblicità

Altri delitti di Natale

— Cosa c’è, Ken?
— Solo un barlume di qualcosa. Devo pensare… pensare più intensamente di quanto abbia mai fatto in vita mia.
Norah e Kennneth
(“Un lieto fine” di Raymund Allen – Pagina 21)

E’ proprio gelido, fuori, vero? Ma è così tipico della stagione e fa sempre piacere.
Mrs Fyson
(“La mattina di Natale” di Margery Allingham – Pagina 39)

Buon Natale a tutti voi! Non è piacevole il modo in cui ritorna ogni anno? Molto in fretta, temo, ma è così bello quando arriva. E’ un periodo così felice, non è vero?
Mrs Fyson
(“La mattina di Natale” di Margery Allingham – Pagina 40)

Non nevicava. A cinquant’anni suonati era ridicolo rimanere delusi se mancava la neve la mattina di Natale: ma le persone d’una certa età non sono mai così assennate come se l’immaginano i giovani.
(“Un Natale di Maigret” di Georges Simenon – Pagina 267)

 

 

Frasi da Altri delitti di Natale di autori vari

LA NOTTE SANTA

– Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca
lentamente le sei.

– Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
– Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.

Il campanile scocca
lentamente le sette.

– Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
– Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.

Il campanile scocca
lentamente le otto.

– O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
– S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.

Il campanile scocca
lentamente le nove.

– Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
– Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

Il campanile scocca
lentamente le dieci.

– Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.

Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…

Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

Guido Gozzano

O È NATALE TUTTI I GIORNI

O È NATALE TUTTI I GIORNI

Jovanotti – Carboni

È quasi Natale e a Bologna che freddo che fa.
Io parto da Milano per passarlo con mamma e papà.
Il mondo forse no, non è cambiato mai
e pace in terra no, non c’è e non ci sarà
perché noi non siamo uomini di buona volontà.
Non so perché questo lusso di cartone
se razzismo guerra e fame ancora uccidon le persone.
Lo sai cos’è?
Dovremo stringerci le mani
o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai.
E intanto i negozi brillano e brilla la TV
e le offerte speciali, e i nostri dischi si vendono di più.
Il mondo forse no, non è cambiato mai
e pace in terra forse un giorno ci sarà
perché il mondo ha molto tempo, ha il tempo,
molto più di noi.
E intanto noi ci facciamo i regali
il giorno che è nato Cristo,
arricchiamo gli industriali.
E intanto noi ci mangiamo i panettoni
il giorno che è nato Cristo,
diventiamo più ciccioni.
Lo sai cos’è?
Dovremo stringerci le mani
o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai.
O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai.

Sulla finestra della speranza

Non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi -Buon Natale- senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non posso, infatti, sopportare l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine del calendario. Mi lusinga, addirittura, l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali.
E vi conceda la forza di inventarvi un’esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finchè non avrete dato ospitalità ad uno sfrattato, ad un marocchino, ad un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate. (…)
Gli angeli che annunziano la pace portino la guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere -una gran luce-, dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano di notte, -facendo guardia al gregge- e scrutando l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri; che poi è l’unico modo per morire ricchi.
Sul nostro vecchio mondo che muore nasca la speranza.

Antonio Bello, da “Sulla finestra della speranza“.