Assassini nati

Che cos’è un omicidio, amico? Tutte le creature di Dio uccidono, in un modo o nell’altro. Guarda le grandi foreste: lì hai specie che uccidono altre specie, la nostra le uccide invece tutte allegramente – foreste comprese: solo che la chiamiamo “industria” non omicidio.
Mickey

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Autunno

Oggi è l’equinozio d’autunno! Vi lascio quindi una poesia a tema (anche se un po’ triste!), dedicata a questa stagione che io amo molto!

Cadon le foglie come farfalle:
ve n’è di rosse, ve n’è di gialle,
volteggiano un momento,
e partono nel vento.
E la povera pianta là nell’aria,
rabbrividisce nuda e solitaria.

(M. Maltoni)

Il richiamo della foresta

da Il richiamo della foresta di Jack London

Buck non leggeva i giornali, altrimenti avrebbe saputo quali guai si stavano preparando, dallo stretto di Puget a San Diego, per lui e per ogni cane di grossa taglia, con muscoli forti e una pelliccia calda e spessa.

[incipit]

Ogni notte, puntualmente, alle nove, a mezzanotte e alle tre levavano un canto notturno, un canto misterioso e affascinante a cui Buck si univa con gioia. Quando l’aurora boreale divampava fredda nel cielo o le stelle palpitavano in una gelida danza, mentre la terra intorpidita e ghiacciata giaceva sotto il sudario di neve, quel canto dei cani eschimesi avrebbe potuto essere una sfida della vita; ma era modulato in chiave minore, con gemiti prolungati e singhiozzi interrotti ed era piuttosto una supplica della vita, esprimeva il travaglio dell’esistenza. Era un canto antico, antico come la razza stessa, uno dei primi canti del mondo giovane, quando i canti erano tristi.

(Pagina 55)

Lo dominava l’impeto della vita, la marea dell’essere, la gioia perfetta di ogni muscolo, di ogni giuntura, di ogni tendine, poiché questo era il contrario della morte, era ardore e violenza, si esprimeva nel movimento, nello sfrecciare esultante sotto le stelle e sopra le cose morte e immobili.

(Pagina 57)

Nel cuore della foresta risuonava un richiamo emozionante, misterioso e attraente e tutte le volte che lo udiva si sentiva costretto a voltare le spalle al fuoco e alla terra battuta che lo circondava, per addentrarsi nella foresta, sempre più avanti, senza sapere dove andava né perché; né si domandava dove o perché il richiamo risuonasse imperiosamente nel cuore della foresta.

(Pagina 83)

Gli piaceva correre nella luce crepuscolare della mezzanotte estiva, ascoltando i mormorii sommessi e sonnolenti della foresta, leggendo segni e suoni come un uomo può leggere un libro e cercando la fonte del richiamo misterioso, quella voce che lo chiamava nella veglia o nel sonno, in qualunque momento, perché la raggiungesse.

(Pagina 94)

Andò nel centro della radura e rimase in ascolto: era il richiamo, il richiamo dalle molte note, che risuonava più allettante e imperioso che mai.

(Pagina 102)

Ma non sempre è solo. Quando vengono le lunghe notti invernali e i lupi inseguono la loro preda nelle valli più basse, lo si può vedere correre alla testa del branco nella luce pallida della luna o nel fioco chiarore dell’aurora boreale, balzando gigantesco innanzi ai compagni, la grande gola tonante nel canto del mondo più giovane, il canto del branco.

[explicit]

Anche se l’ho trovato troppo simile a Zanna Bianca l’epopea di Buck mi ha coinvolto ed emozionato. Sono d’accordo con Mario Picchi che nell’introduzione dice che Il richiamo della foresta è la “rappresentazione della ricerca di amore e libertà”. Come può quindi non affascinare almeno un po’? In fin dei conti, non è un po’ quello che cerchiamo tutti?
http://www.naufragio.it/iltempodileggere/11999

Zanna Bianca

Frasi da Zanna Bianca di Jack London.

La cupa foresta di abeti di stendeva tetra su entrambe le rive del corso d’acqua gelato. Gli alberi, squassati da un improvviso vento, si erano liberati dal loro manto di brina e sembravano appoggiarsi l’uno contro l’altro, scuri e sinistri contro la luce del crepuscolo. Un silenzio profondo incombeva su tutta la zona, una zona desolata, priva di qualsiasi segno di vita, immobile, così solitaria e fredda da non poter ispirare neanche il senso della tristezza. Vi si avvertiva quasi un accenno al riso, ma un riso più terribile della tristezza, un riso senza allegria, come quello della Sfinge, un riso freddo come il gelo e che ricordava lo spaventevole aspetto dell’ineluttabile. Era la sovrana e incomunicabile saggezza dell’eternità che scherniva la vanità della vita e i suoi sforzi. Era la foresta desolata e selvaggia del Settentrione dal cuore gelato.
[incipit]

Weedon Scott si era assunto il compito di redimere Zanna Bianca, o piuttosto di redimere l’umanità dal male che aveva fatto a Zanna Bianca. Era per una questione di principio e per uno scrupolo di coscienza. Sentiva che il male fatto al lupo era un debito contratto dall’uomo e che doveva essere pagato.
(Pagina 251)

Dapprima, tra gli applausi degli dèi, egli tradì un tantino della sua antica timidezza e goffaggine, ma anche questa sparì mentre continuavano i giochi e i capitomboli dei cuccioli. Rimase sdraiato con i pazienti occhi semichiusi a riposare al sole.

[explicit, selezionare per leggere]

ROMANZO DI FORMAZIONE CANINA
Un bel libro, un po’ noioso nella parte centrale, ma che si riprende alla grande nel finale, e ha saputo coinvolgermi ed emozionarmi!

http://www.naufragio.it/iltempodileggere/11205

La gioia dell’acqua

Un fiume lento; un rivo silenzioso, poco profondo. Il gorgoglio di una sorgente attraverso mazzetti di violette. Il sussurro di un ruscello in un bosco. Il ruggito di una cascata. Lo zampillo di una canna da giardino. Il luccichio delle fontane. Lo splendore dell’acqua che scivola sulla pietra. Pozzanghere tappezzate di foglie cremisi. Onde solide come vetro verde, che lanciano la loro spuma a cavalcare l’enorme massa marina. Il rumoreggiare dell’acqua dietro uno scafo da corsa. Piccoli arcobaleni nelle ragnatele mattutine. Rugiada sui piedi nudi. Musi di rana in uno stagno. Laghi che catturano cieli estivi. Pioggia che batte sulle finestre della tua casa sicura.

DIO HA CREATA OGNI COSA ESTREMAMENTE SEMPLICE

Dio ha fatto ogni cosa estremamente semplice. La nostra vita è molto semplice, facciamo quello che vogliamo. L’unica legge a cui obbediamo è la Legge naturale, la Legge di Dio. Seguiamo soltanto
quella.
Non abbiamo bisogno delle vostre chiese. Abbiamo le Colline Nere, che sono la nostra chiesa. E non abbiamo bisogno della vostra Bibbia. Abbiamo il vento e la pioggia e le stelle come Bibbia. Il mondo è come una Bibbia aperta e da milioni di anni la studiamo.
Abbiamo imparato che Dio governa l’Universo e che tutto ciò che Dio ha creato ha vita. Persino le rocce sono vive. Quando le usiamo nelle nostre cerimonie delle capanne sudatorie parliamo con loro…
e loro ci rispondono.

(da “Nobile Uomo Rosso” – Il mondo straordinario di un Wisdomkeeper Lakota di Harvey Arden)

Il capo indiano Noah Sealth

«Sono un pellerossa e non comprendo nulla. Noi preferiamo il soave sussurro del vento sull’acqua di uno stagno, o il profumo dello stesso vento rinfrescato dalla pioggia di mezzogiorno o profumato dall’aroma di pino. L’aria è l’elemento più importante per il pellerossa, dato che tutti gli esseri dividono lo stesso respiro: l’animale, l’albero, l’uomo, tutti respiriamo la stessa aria».

Così parlò il capo indiano Noah Sealth, il giorno in cui dovette vendere le sue terre, nelle fertili praterie americane, agli uomini bianchi.

Il 21 gennaio 1855, gli indiani americani vennero costretti a cedere il loro territorio (più di due milioni di acri) ai bianchi per 150.000 dollari, che il governo degli Stati Uniti avrebbe pagato loro in rate annuali.

Quel giorno, il capo indiano Noah Sealth pianse; aveva quasi 70 anni. Viveva nella Casa dell’Uomo Vecchio, un grande villaggio costruito da suo padre, nel quale convivevano otto capi tribù con le loro famiglie.

Questo è un pezzo del discorso che il capo indiano pronunciò il giorno in cui firmò il trattato con il Grande Capo Bianco di Washington.

«Gli uomini bianchi comprano le nostre terre. Come si po’ comprare o vendere il firmamento o il calore della terra? Se non siamo padroni della freschezza dell’aria, né del rumore dell’acqua, voi, come farete a comprarli?

Ogni zolla di questo terreno è sacra alle mie genti.

L’acqua limpida che score nei fiumi e nei ruscelli è anche il sangue dei nostri antenati. Se vi vendiamo le nostre terre, dovete ricordare che sono sacre, e che ogni riflesso, ogni gorgoglio dell’acqua del lago e dei ruscelli, racconta la vita della nostra gente.

Il sussurro dell’acqua è la voce del padre di mio padre.

Sono un selvaggio e non concepisco altro modo di vivere. Ho potuto vedere migliaia di bufali imputridire nella prateria, uccisi a fucilate dagli uomini sul treno in corsa.

Sono un selvaggio e non posso capire come una macchina che fa fumo possa essere più importante del bufalo, che noi uccidiamo solamente per sopravvivere».